Mai più vi rivedremo
a noi vicino,
campioni dell’Italia,
campioni del pallone, Aldo e Dino,
lo stile che lo ammalia
Ancor le folle qui ricordan
mesto
O Aldo, o Dino, fiori
Del calcio nostro italico codesto!
Coglieste i vostri allori!
Dei campi foste gli idoli
adorati
Usciste vincitori,
campioni quattro volte proclamati,
fra evviva, fasti e onori.
Partiste entrambi un giorno per
Torino,
partiste qui da Chioggia
seguendo ineluttabile il destino
per cogliere una pioggia
d’applausi, di scudetti e di
trofei.
Gridando “Forza Toro!”
Gli stadi v’acclamaron come déi
Cingendovi dall’alloro.
Il triste condottiere della
morte,
il fato, v’attendeva
segnando inesorabile la sorte
e tutti vi abbatteva. |
Nel cielo vi rapì
(mostro stregato)
La morte immeritata,
nel cielo di Superga annuvolato,
voragine spietata!
Ma siete voi pur sempre in mezzo
a noi,
o Aldo e Dino nostri,
così vi ricordiamo, mentre voi
giocando con i vostri
colori dei granata vittoriosi,
fratelli nella vita,
fratelli nella morte baldanzosi
vincete la partita!
“Forza Aldo! Colpisci! Non
mollare!
Dai Dino, che parata!
Più grinta Aldo! Entra, non pensare!
Su Dino, che bloccata!
Campioni nello sport e nella
vita,
o Aldo e Dino nostri,
la vostra ambizione non è finita!
E siete gli esempi nostri!
Un monito, un messaggio ed un
pensiero,
di vita e di speranza,
nel nome dello sport, ma quello vero,
che tutti ci riunisce in fratellanza! |
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dialetto torinese:
Mè vej e grand Turin
A son passaine d’ani
Ma mi ‘t veuj sempe bin.
Arcòrdo col brut di
Dël magg quaranteneuv
Arcòrdo ambelessì
E ancor tristëssa i preuv,
La squadra pì gajarda
Ëd tuta la nassion,
Na squadra pijte varda
Argin-a dël balon,
Pa gnun-e squadre ‘ntlora
Pudio tnìe testa,
Sò gieugh l’era dësmora…
A vëdla l’era festa,
Che squadra ‘d ver campion
Che squadra d’òmo ver
Se i-i penso che magon…
Mè crussi l’é sincer.
Së penso al Tòr d’antlora
Dë splin as gonfia ‘l cheur
Përchè i sento ‘ncora
Quaicòs an mi ch’a meur,
Coj fieuj gajard pien ëd vita
Guidà da Valentin
A l’ero nòsta vita
A l’ero nòst Turin.
Dzor tuti ij camp ëd bataja
Scrivìo lor la stòria
E chiunque j’ancontrava
A n’avìa për tant memoria;
Pen-a finì la guèra
L’han dasse lor da fé
Così che nòsta tèra
L’é fasse rispeté,
Përchè ‘n coj temp là
J’ero pa tròp bin vist,
La guèra pen-a passà…
An tratavo da anti Crist,
Ma l’han pensaje lor
Ij fieuj ‘n maja granata,
A gieugo con ardor
E chi a-j vëdd s’arpata.
E chi ‘ncor arcòrda
La tampa dij leon,
Ëd cert pa a së scòrda
Dël gieugh ëd coj campion;
Quand a vorìo a partìo,
Quatr toch a l’ero ‘n pòrta
E ij nòst nemis finìo
Ëd portene a ca na spòrta.
Oh mè Grand vej Turin
Se penso a coj temp là
It veuj ancor pì bin
Përchè i torn masnà;
Mi quand a sèira i vardo
Lontan ën sla colin-a
Con ël pensé im perdo
E ‘nt ël mè cheur na spin-a
A intra pian e dossa
E pòrta un gran frisson,
Përchè Superga a possa
An ment ij mè campion.
A ti Valentin ch’a vada
Për tuti ‘l nòst mersì
Che minca vòsta giugada
Noi l’oma ‘ncora sì;
Ciao Grand Turin d’antlora
Dël cheur vera delissia
E noi speroma ‘ncora
D’avej un pò ‘d giustissia,
Torna vëdde ‘l granata
Svanté ‘n sl’àut drapò
E che parej s’arpata
La gent dal vis al Po.
Mè vej e Grand Turin
A son passaine d’ani
Ma mi ‘t veuj sempe bin ! |
tradotta in
italiano:
Mio vecchio e Grande
Torino
Son passati tanti anni
Ma io ti voglio sempre bene.
Ricordo quel brutto giorno
Del maggio quarantanove
Ricordo or ora
E ancor tristezza provo,
La squadra più gagliarda
Di tutta la nazione
Una squadra fai attenzione
Regina del pallone,
Nessuna squadra allora
Poteva tenergli testa,
Il suo gioco era divertimento
A vederla era festa,
Che squadra di veri campioni,
Che squadra di uomini veri
Se ci penso che angoscia…
Il mio dispiacere è sincero.
Se penso al Torino d’allora
Di malinconia si gonfia il cuore
Perché io sento ancora
Qualcosa in me che muore,
Quei ragazzi gagliardi pieni di
vita
Guidati da Valentino
Eran la nostra vita
Era il nostro Torino.
Su tutti i campi di battaglia
Scrivevano loro la storia
E chiunque li incontrava
Ne aveva per molto tempo memoria.
Appena finita la guerra
Si son dati loro da fare
Così la nostra terra
S’è fatta rispettare,
Perché in quei tempi andati
Eravamo mica ben visti
La guerra appena passata
Ci trattavano da anti-Cristo,
Ma ci hanno pensato loro
I ragazzi in maglia granata,
Giocano con ardore
E chi li vede si diverte.
E chi ancor ricorda
La fossa dei leoni,
Di certo non si scorda
Del gioco di quei campioni,
Quando volevano partivano
Quattro tocchi erano in porta
E i nostri nemici finivano
Per portarne a casa una sporta.
Oh mio grande vecchio Torino
Se penso a quei tempi andati
Ti voglio ancor più bene
Perché torno ragazzino;
Io quando a sera guardo
Lontano sulla collina
Con il pensiero mi perdo
E nel mio cuor una spina
Entra pianino e dolce
E porta un grande fremito,
Perché Superga spinge
Alla mente i miei campioni.
A te Valentino vada
Per tutti il nostro grazie
Che ogni vostra giocata
Noi l’abbiamo ancora qua;
Addio Grande Torino d’allora
Del cuore vera delizia
E noi speriamo ancora
D’aver un po’ di giustizia,
Di nuovo vedere il granata
Sventolare sull’alta bandiera
E che così si diverta
La gente dal Viso a tutto il Po!
Mio vecchio Grande Torino
Son passati tanti anni
Ma io ti voglio sempre bene. |
LACRIME GRANATA
di VIttorio De Zanet
scritta il 9 agosto 2005
Lacrime granata
Mi graffiano il cuore
Spade affilate
Mi torturano la mente
La mia anima
Torna indietro
Nelle nebbie del passato
Undici eroi
Color granata
Mai domi al compito
Che il cielo loro diede
Sotto lo squillo
Di una tromba dorata
Dagli spalti della fossa dei
leoni
Il leggendario Filadelfia
Un bimbo guarda stupito
Un Uomo che si rimbocca
Le maniche e aggiusta la fascia
|
Capitan Valentino
Ha dato la carica e
I suoi baldi compagni
Attaccano a testa fiera
Una, due, mille e oltre
Reti cariche di gloria.
Vittoria dell’amore
Per lo sport, per la vita!
Quel cielo se li riprese
E li resi miti eterni
Una sera piovosa di maggio
Il loro aereo da Superga
Andò dritto in Paradiso
Per sempre!
Grande Torino
Mai domo
Solo il fato
Ti vinse
Ma …
Ti donò l’eternità!
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Articoli e pensieri
IL MIO GRANDE TORINO
di Don Marco Galfrascoli
da “La Prealpina” 5 maggio 1999
Ieri, 4 maggio,
anniversario della scomparsa del Grande Torino, sono salito a Superga:
è un pellegrinaggio che compio ormai da tanti anni, sempre con immenso
dolore e con immenso amore.
Il dolore e l’amore sono sentimenti che mi assalgono e che prevalgono
in me, quando c’è di mezzo il Torino, anzi il Grande Torino. Dolore e
amore sono complementari: l’immenso amore che io e i ragazzi degli
Anni ’40 abbiamo avuto per quella squadra.
Avevo nove anni quando l’aereo del Grande Torino si schiantò contro la
Basilica di Superga. Li conoscevo tutti, ad uno ad uno, i miei
Campioni; conoscevo i loro nomi, i loro volti, i loro ruoli; sapevo a
memoria tutte le loro vittorie, tutti i loro primati (venti sono
tuttora ineguagliati).
Spesso, ripensando a quei giorni, mi rivedo seduto per terra nel
cortile polveroso di casa mia, con in mano l’edizione straordinaria di
“Sport Illustrato”: ogni pagina presentava un calciatore del Grande
Torino. Su ogni pagina lasciavo cadere grosse lacrime, suscitando lo
stupore degli amici del cortile, piccoli e grandi, e, qualche giorno
dopo, anche la mia maestra di quarta elementare, quando lesse
l’appassionato mia tema sulla tragedia di Superga. Ho conservato quel
giornale fino al giorno in cui sono entrato in seminario.
Anche in seminario ho la mia passione per il Toro (e per il ciclismo).
Ogni quindici giorni, infatti, il mio papà veniva a farmi visita e mi
portava qualche biscotto, qualche cioccolatino e, soprattutto, otto
uova accuratamente avvolte in otto pagine rosa della Gazzetta dello
Sport. La lettura attenta e furtiva di quelle pagine mi permetteva,
poi, di ragguagliare con competenza i miei compagni di classe, molti
dei quali erano tifosi granata come me.
Ricorderò sempre la grande partita giocata in seminario il 4 maggio
1963: Torino – Resto del Mondo. Vincemmo noi del Toro per 5-3 con tre
mie reti spettacolari, che porto ancora nel cuore come umile omaggio
al Grande Torino.
Ieri, 4 maggio, sono salito a Superga con Aldo Ossola, grande cuore
granata, ho incontrato Franco Ossola, Pietro Maroso, le vedove e i
figli di Gabetto e di Grezar, di Ballarin e di Rigamonti; ho visto
Ormezzano, il cantore delle gesta del Grande Torino, ho salutato con
gratitudine Xavier Jacobelli, direttore di Tuttosport.
E’ l’appuntamento tradizionale di ogni anno; quando parlo con loro del
Toro, provo emozioni sempre nuove e sempre intense. Ho visto tanti
occhi luccicare di commozione e di rimpianto: soltanto chi è del Toro
può capire, e può capirci! Purtroppo, oggi, il mondo dello sport,
principalmente il mondo del calcio, è dominato dai soldi; i sentimenti
non contano più e sono messi da parte, soprattutto dai cosiddetti
“campioni”.
E, forse, noi del Toro apparteniamo ad un altro mondo di sport, noi
del Toro siamo troppo sentimentali. A me spesso dicono che sono
ingenuo, patetico nel mio attaccamento al Torino, ma l’appartenenza
alla “famiglia” della squadra più grande, imbattibile e imbattuta, che
la storia del calcio mondiale ricordi mi gratifica come un privilegio
ricevuto, gelosamente custodito e difficile da far comprendere ad
altri.
Ieri, a Torino, pioveva molto forte, c’era tanta nebbia sul colle di
Superga, proprio come il 4 maggio di cinquant’anni fa. Piove quasi
sempre il 4 maggio: anche il cielo, in quel giorno, si ricorda di
piangere.
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